“Quando William ha iniziato a perdersi tra le strade di Londra nel tentativo di raggiungere il suo studio in Old Street, abbiamo iniziato a renderci conto che era malato” racconta la moglie. Quando i dottori dissero a William di aver sviluppato l’Alzheimer, era il 1995 e William aveva 64 anni.
William Utermohlen era un pittore americano. Googlando il suo nome, si possono osservare molte delle sue opere, come i dipinti “Mitologies and the sea” degli anni ‘60 o il murales commissionato per la Sinagoga St. John’s di Londra, di vent’anni dopo, in cui sono rappresentate le quattro stagioni.
Sviluppato il morbo di Alzheimer ha continuato a dipingere, rappresentando così la progressione della sua malattia.
Con colori accesi e pieni di calore, l’artista dipinge le sue opere più intime.“Conversations pieces” è un dipinto dei primi anni ‘90, in cui l’artista racconta pezzi della sua vita quotidiana e della sua relazione con la moglie Patricia. Già qui sembra che le percezioni di spazio, oggetti e persone cambino, dimostrando alcuni primi segnali della malattia. I diversi oggetti nel dipinto sono inclinati verso l'alto, rappresentati in modo diverso rispetto al suo stile solito e sproporzionati.
Dal momento in cui ha sviluppato l’alzheimer lo stile pittorico dell’artista cambia. Sembra che la tecnica si adatti alla crescente limitazione delle funzioni motorie e cognitive. Grazie a Ron Isaacs, un infermiere della clinica Queen Square di Londra, Utermohlen ha iniziato a lavorare su suoi ritratti. La pittura, da sempre espressione dell’artista, poteva essere adesso uno strumento di conoscenza della propria malattia e di quello che Utermohlen era diventato.
“Fu allora che iniziò a fare autoritratti, penso perchè volesse capire la sua malattia da solo” racconta la moglie “Ad essere sincera, non credo di essere consapevole che stava facendo qualcosa di più del suo solito dipinto quando all'improvviso ha deciso di fare autoritratti”.
Nel tempo, i suoi occhi diventano più tristi e spaventati. La rappresentazione di sé cambia, fino quasi a scomparire.
Patricia Utermohlen parla di uno dei suoi ultimi autoritratti, fatto dopo essere tornato a casa dopo una visita a Queen Square. Il dottore aveva detto a William che non avrebbero saputo esattamente quale fosse il problema fino a dopo la sua morte, quando avrebbero potuto fare un'autopsia cerebrale. Tornato a casa, l’artista dipinse un autoritratto: sulla sua testa, in alto a destra, compare una sega.
William, in una certa misura, era consapevole di ciò che stesse accadendo: continuava a dipingere per comprendere. L’arte e la pittura diventano qui non solo mezzo di espressione, ma anche di conoscenza di qualcosa di ignoto allo stesso artista. Accade spesso quando, d’improvviso buttiamo giù un pensiero, una poesia, uno schizzo. Solo dopo, riflettendoci, diventa arte. “Will non parlava molto, le sue immagini parlano molto di più, le sue immagini parlano da sole. Questo è l’essere pittore”.
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