"I volti sono i registri delle esperienze" Queste, le parole del fotografo ritrattista Richard Avedon.
Famoso nel campo della moda ma anche per aver ritratto molte celebrità, tra cui Charlie Chaplin, nel 1963, poco prima del Community Mental Health Act (che porterà alla de-istituzionalizzazione delle strutture di salute mentale) il fotografo decide di documentare la situazione all’interno di questi ospedali.
Proprio negli anni ‘60, i ricoveri all’interno di questo tipo di strutture avevano subito un aumento, raggiungendo numeri molto elevati. Succedeva spesso che i pazienti venissero internati per “imbecillità”. Inoltre, la conoscenza e la consapevolezza pubblica intorno a determinate tematiche erano abbastanza limitate, nonostante il dramma che rappresentassero per la società stessa.
Fu così che Avedon si impegnò, attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica, a rendere pubblica la vita all’interno delle mura di queste strutture, fotografandola e mostrandola al mondo esterno. Da qui, la serie di scatti del Louisiana State Hospital.
Ritrasse diversi pazienti, donne e uomini di più reparti.
Gli scatti prodotti ci mostrano non solo i volti delle persone ma anche, e soprattutto, uno spaccato della vita e della quotidianità della struttura stessa. Ci si aspetta di vedere momenti di crisi, professionisti intenti nel fornire cure specialistiche, ma ciò che vediamo è invece una straziante routine, fatta di sguardi, abitudini e isolamento.
Una caratteristica dei ritratti di Avedon risiede nella forza che hanno di far sentire l’osservatore come osservato, a sua volta. Gli occhi dei pazienti sembrano guardarci. Ci rendono vulnerabili. Avedon riesce a sovvertire il rapporto tra osservato e osservatore, invertendo lo sguardo.
Questo ci fa capire come i pazienti fotografati non siano stati oggetti passivi della fotografia.
Non hanno subito il lavoro del fotografo ma, anzi, hanno partecipato attivamente, trasmettendo e raccontando se stessi e la loro storia, nella speranza di essere visti e sentiti.
In questo modo, hanno rivolto il loro sguardo direttamente all’osservatore della fotografia, coinvolgendolo nel dialogo, invitandolo all’ascolto.
All’età di 42 anni, la sorella di Avedon, Louise, era morta suicida dopo essere stata istituzionalizzata, in seguito alla diagnosi di schizofrenia. Questa vicenda di certo influenzò il fotografo nel progettare questo lavoro.
Così, Hamilton decise di rompere il silenzio e, tramite la fotografia, restituì la voce a coloro a cui la voce era stata tolta.
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