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Storie illustrate di Tiziano Lettieri

Oggi, per la rubrica PsyCall to Artist, intervistiamo Tiziano Lettieri, un giovane illustratore di origini Lucane. Trasferitosi a Firenze da un paio di anni per frequentare la facoltà di disegno industriale, Tiziano disegna sin da bambino e considera l’arte una costante nella sua vita.

Abbiamo conosciuto Tiziano e ci siamo fatte raccontare qualcosa in più su di lui e sul suo lavoro…

Quando hai capito che l’illustrazione sarebbe stata il tuo futuro?

“In realtà non credo di averlo ancora capito. Essendo una persona molto curiosa a cui non piace precludersi opportunità, non mi sono mai fermato solo al mondo dell’illustrazione, anche se dai social forse si direbbe il contrario. Ho sempre amato tutte le visual arts e questo mi ha fatto avvicinare al mondo del graphic design, della tipografia, del branding e così via. Con l’università poi mi sono avvicinato anche al mondo del product design. Quindi posso dire che spero che l’illustrazione sia una parte del mio futuro ma non l’unica”.


Le illustrazioni hanno il potere di trasmettere emozioni e stati d’animo, anche in assenza di parole. Nelle tue illustrazioni, il protagonista è spesso l’essere umano. Chiuso in sé stesso e con la testa troppo pesante. In relazione con la tecnologia o con l’ambiente.

Qual è la tua chiave di lettura dell’essere umano e quale la rappresentazione che mostri nelle tue illustrazioni?

“Siamo così tanti e così diversi che non riesco ad avere un’unica chiave di lettura dell’essere umano. Sono però tremendamente affascinato da questa diversità perché la vedo come qualcosa che può influenzarci positivamente a vicenda”.


Osservando le tue illustrazioni ci sono alcune tematiche che ci sembrano ricorrenti… tra questi il senso di isolamento e solitudine.

“Forse è qualcosa che traspare perché fa parte di me. Sono una persona socievole ma amo molto stare da solo e non la considero una cosa negativa, anzi credo che possa essere un fattore positivo, qualcosa che ti spinge a cercare dentro di te nuovi modi per migliorarsi in quello che fai. Alla fine dei conti, però, siamo tutti umani e spesso abbiamo bisogno di una pausa da noi stessi.

Questa tra l’altro è anche l’idea che si racchiude nell’illustrazione che ho realizzato per caffè design. Mi avevano chiesto una illustrazione per la stagione “caffèsigaretta”, insomma con tema la pausa caffè, ed in quel periodo ero in sessione d’esame e non vedevo l’ora che finisse per prendermi una pausa da tutto e da me stesso”.


Ci hai detto “Trovo l’illustrazione un modo per dare forma a delle storie e queste, poi possano prendere vita negli occhi dello spettatore”. Quali storie preferisci raccontare?

“Ad esempio, nell’illustrazione “People” ho semplicemente disegnato dei soggetti perché spesso osservo le persone quando sono in giro per Firenze, e mi chiedo “cosa faranno mai nella vita?”, “chissà quali sono le loro storie”, “cosa li ha portati qui?”. A volte banalmente basta un volto, o ancora meno, un dettaglio, un outfit, cose banali per chiedersi che storia ci possa essere dietro. Spero che con le mie illustrazioni, chi se le trova davanti possa immaginare tantissime storie, avere delle chiavi di lettura diverse e per un attimo staccarsi dalla realtà per immergersi in qualcos’altro”.



Come nascono le tue illustrazioni?

“Non ho un processo ben definito, perché l’ispirazione può arrivare in qualsiasi momento, mentre cazzeggi su netflix o mentre leggi qualcosa di più impegnativo. So che però il processo creativo e l’ispirazione sono due fili che si intrecciano costantemente. Mi capita spesso di partire con un’idea, anche banale, e che durante la sua realizzazione, mentre sto illustrando, chino sulla tavola grafica, abbia tantissime intuizioni e ispirazioni, così le provo tutte, senza paura di sbagliare, per vedere dove posso arrivare”.


Quale, tra le tue illustrazioni, quella che più ti sta a cuore o che più ti rappresenta?

“Mi piace pensare che ad ogni illustrazione che faccio quella successiva sarà la migliore, però quella che fa un po’ da faro è “Everest” ovvero quella in cui un omino scala una matita come fosse una montagna. Quando la disegnai ero agli inizi e non sapevo come si sarebbe evoluto il mio stile, che influenze avrei potuto avere, come sarei cambiato, perciò anche come sarebbe cambiato il mio modo di vedere le cose e dove l’illustrazione mi avrebbe potuto portare.

Ad oggi so che sono in continua evoluzione, cerco sempre di migliorarmi, e che oggi come quando ho disegnato “Everest” l’illustrazione era ed è una sfida”.

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